Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Editoriale (di Lorenza Razzi, Avvocata in Prato, Referente sezione Prato Aiaf Toscana)


Si è deciso di dedicare questo numero della Rivista a due temi che stanno molto a cuore al­l’associazione. Il primo è quello della violenza domestica, o di genere, sul quale con tanti numeri (2/2012; 3/2013; 3/2016; 2/2018) si è più volte dibattuto, il secondo è quello della tutela del minore nel processo penale minorile, dunque del minore come autore di reato. Il tema della violenza di genere è tema del quale oggi si parla tanto, forse troppo, forse non sempre nella maniera corretta. Il nostro quadro normativo, anche a livello di procedimenti e vie di ricorso in materia civile, è tra i più avanzati a livello internazionale. Con la l. n. 154/2001 il legislatore aveva introdotto misure specifiche contro la violenza nelle relazioni familiari; inseriva in ambito penale la misura cautelare dell’allontanamento dalla casa familiare, e una speculare misura in ambito civile, gli ordini di protezione contro gli abusi familiari, strumento efficace e in grado di dare una risposta concreta ancor prima del dettato normativo di cui all’art. 29 della Convenzione di Istanbul, che al 1° comma prevede che «le parti adottano misure legislative o di altro tipo per fornire alle vittime adeguati mezzi di ricorso civile nei confronti dell’autore del reato»; non è mai troppo ricordare che la Convenzione di Istanbul è la Convenzione adottata dal Consiglio d’Europa per la prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica, a Istanbul l’11 maggio 2011, ratificata in Italia con l. n. 77/2013 e dunque di immediata applicazione nel nostro ordinamento. Già nel 2009 con una delibera dell’8 luglio, tuttavia, il Consiglio superiore della magistratura evidenziava la difficoltà dei giudici civili ad adottare i provvedimenti cautelari previsti dalla l. n. 154/2001, individuando tra le cause principali la «mancanza di una specializzazione effettiva in seno al giudice civile adito». Tra le cause della inadeguata risposta della giustizia civile al problema della violenza di genere è stata sottolineata, tra le altre, dal Presidente Fabio Roia in Crimini contro le donne: politiche, leggi, buone pratiche (Franco Angeli, Milano, 2017), «la caratteristica dell’organo giudicante che è un giudice civile, spesso non specializzato, legato per formazione al principio del contraddittorio e dotato di poco coraggio nell’emanare un provvedimento che ha tutti gli effetti di una misura cautelare». Allo stesso modo, si deve registrare una sostanziale disapplicazione dell’art. 31 della Convenzione di Istanbul, laddove al 1° comma prevede che debbano essere adottate «misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che, al momento di determinare i diritti di custodia e di visita dei figli, siano presi in considerazione gli episodi di [continua..]