Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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I Regolamenti (UE) 2016/1103-2016/1104: alcuni aspetti dei rapporti patrimoniali nelle relazioni affettive transnazionali (di Daniela Abram, Avvocata in Bologna – Giuliana Castelletti, Avvocata in Verona)


La disamina che segue approfondisce alcuni dei numerosi e articolati aspetti dei Regolamenti patrimoniali europei. L’attenzione si è concentrata su particolari temi che appaiono di interesse per gli avvocati che vogliono iniziare ad approfondire i Regolamenti in questione, quali l’ambito di applicazione, la competenza giurisdizionale con riguardo al meccanismo della concentrazione delle domande e alla sua ricaduta nei procedimenti italiani. È inoltre focalizzata l’attenzione su alcuni aspetti concernenti l’autonomia, sia pur parziale, concessa alle parti di scegliere la legge applicabile e sulle norme a cui far riferimento in caso di mancanza di optio legis.

 

The following examination takes a deeper look at some of the numerous and complex aspects of European property regulations. Attention is given to particular issues that appear to be of interest for lawyers who wish to begin examining the regulations in question in greater depth, such as sphere of application and jurisdiction with regard to the mechanism of concentration of applications and its impact in Italian proceedings. Attention is also focused on certain aspects concerning the albeit partial autonomy granted to the parties in choosing the applicable law, and on the re­gulations to be referred to in the event of lack of optio legis.

Keywords: Regulation (EU) 2016/1103 – Regulation (EU) 2016/1104 – EU spousal property regime – property effects of union registered in the EU.

SOMMARIO:

1. Introduzione: l’ambito di applicazione - 2. La concentrazione di competenza secondo il disposto dell’art. 5 dei Regolamenti patrimoniali [19] - 2.1. Profili critici della competenza per concentrazione con riguardo all’art. 5 del Reg. 2016/1103 - 2.2. La concentrazione processuale: la domanda riconvenzionale - 3. La litispendenza tra gli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata - 4. La legge applicabile: principi generali e criteri di collegamento - 4.1. La scelta della legge applicabile - 4.2. La legge applicabile in mancanza di scelta delle parti - 5. Conclusioni - NOTE


1. Introduzione: l’ambito di applicazione

Il 24 giugno 2016 il quadro normativo dell’Unione europea si è dotato in ambito familiare di due ulteriori strumenti regolamentari concernenti il regime patrimoniale dei coniugi (Reg. (UE) 2016/1103) e gli effetti patrimoniali conseguenti alla unione registrata (Reg. UE 2016/1104), che trovano piena applicazione a far data dal 29 gennaio 2019 [1]. Entrambi i Regolamenti, in larga parte sovrapponibili (di qui la denominazione Regolamenti gemelli), accolgono una nozione autonoma ed uniforme dei rapporti patrimoniali delle coppie coniugali e dei partner sia in ossequio al principio di uguaglianza che al fine di garantire l’uniformità applicativa nei Paesi UE partecipanti alla cooperazione rafforzata, che vede sino all’oggi il coinvolgimento normativo ratione loci di 18 Paesi, tra i quali l’Italia [2]. Pertanto i Regolamenti in tema sono vincolanti esclusivamente per i Paesi UE partecipanti: i rimanenti Stati dell’Unione europea sono da considerarsi ad ogni effetto come Paesi terzi al pari di quelli extra UE. I Regolamenti patrimoniali sono finalizzati ad eliminare gli ostacoli alla libera circolazione delle persone, in particolare le difficoltà incontrate dalle coppie nella gestione o nella divisione dei loro beni (considerando 8) e a garantire loro «la certezza del diritto quanto ai loro beni e una certa prevedibilità» (considerando 15), consentendo così di organizzare i rapporti economico patrimoniali tra loro e con i terzi. Sia pure solo nella parte preambolare (considerando 14) viene sottolineato che, conformemente alle previsioni dell’art. 81 TFUE, l’applicazione dei Regolamenti avviene nel contesto dei regimi patrimoniali dei coniugi e degli effetti patrimoniali delle unioni registrate con «implicazioni transfrontaliere», vale a dire in fattispecie caratterizzate da elementi di estraneità, il che si verifica quando si tratti di coniugi/di partner di cittadinanza diversa ovvero quando, pur avendo la medesima nazionalità, risiedano abitualmente [3] in Stati diversi al momento di celebrazione del matrimonio o della costituzione dell’unione registrata o al momento di audizione della A.G. oppure allorquando risiedano abitualmente in uno Stato diverso da quello di cui abbiano la cittadinanza oppure quando alcuni beni della coppia siano ubicati in un altro Stato membro infine quando i coniugi/i partner abbiano perfezionato [continua ..]


2. La concentrazione di competenza secondo il disposto dell’art. 5 dei Regolamenti patrimoniali [19]

Come sottolineano sia il considerando 40 del Regolamento patrimoniale dei coniugi che il considerando 39 di quello dei partner, le previsioni del Capo II dei Regolamenti disciplinano in via di principio in modo completo ed autosufficiente la competenza internazionale delle A.G. degli Stati membri partecipanti, escludendo il richiamo alle norme interne degli Stati [20], così come in via di regola il giudice può occuparsi di ogni aspetto concernente il regime patrimoniale compresi tutti i beni ivi inclusi [21], indipendentemente dalla loro natura mobiliare o immobiliare, nonché dalla loro ubicazione all’interno degli Stati membri partecipanti ovvero in Stati terzi, compresi in questa ultima locuzione i rimanenti Stati UE non partecipanti alla cooperazione rafforzata. È utile rammentare che i Regolamenti patrimoniali accolgono una nozione assai ampia di A.G., in quanto fanno riferimento, oltre che a qualsiasi autorità giudiziaria, anche a tutte le altre autorità e professionisti legali competenti in materia di regimi patrimoniali tra coniugi/partner che esercitano funzioni giudiziarie o agiscono per delega di competenza di un’autorità giudiziaria o sotto il suo controllo, come precisano sia l’art. 3, par. 2 che dai considerando 29-31 [22]. Per quanto attiene l’Italia rivestono tale qualifica gli avvocati quando esercitano il loro ministero in sede di negoziazione assistita ex art. 6, d.l. n. 132/2014 e gli ufficiali di stato civile nell’ambito della procedura amministrativa semplificata regolata dall’art. 12 del medesimo decreto. I notai italiani, diversamente dalle indicazioni di altri Paesi partecipanti, non sono da considerarsi A.G., per cui non risultano vincolati dalle norme della competenza giurisdizionale, come precisa anche l’ultima parte del considerando 31. La determinazione della competenza giurisdizionale avviene in forza di un sistema complesso caratterizzato da una pluralità di fori variamente concorrenti tra loro per favorire l’accesso alla giustizia [23], evitando così vuoti di tutela, nonché per garantire la certezza del diritto e la prevedibilità delle decisioni. All’interno di tale articolata costruzione il principio della concentrazione della competenza giurisdizionale [24], con cui i Regolamenti, non a caso, aprono il Capo dedicato alla competenza, costituisce un architrave portante [continua ..]


2.1. Profili critici della competenza per concentrazione con riguardo all’art. 5 del Reg. 2016/1103

La circostanza che la concentrazione delle domande patrimoniali sia delineata a favore dello Stato membro partecipante cui appartiene l’A.G. adita per la domanda sullo status e non della A.G. effettivamente ed in concreto investita della controversia presenta una evidente criticità se osservata secondo una prospettiva italiana. Infatti la competenza giurisdizionale prevista nei Regolamenti non concerne la ripartizione delle competenze interne agli Stati partecipanti per funzione e per territorio: come viene enunciato all’art. 2 di entrambi i Regolamenti rimane «impregiudicata la competenza delle autorità degli Stati membri a trattare questioni inerenti il regime patrimoniale matrimoniale e gli effetti patrimoniali delle unioni registrate», trattandosi di prerogative riservate agli Stati nazionali dell’Unione. In altri termini la effettiva concentrazione della domanda patrimoniale con quella avanzata in via principale sullo status della coppia in capo al medesimo giudice è condizionata dalle norme processuali interne di ciascun Stato partecipante e non da quelle riguardanti la competenza internazionale tra gli Stati partecipanti. Il consolidato indirizzo della giurisprudenza italiana anche di legittimità [34] prevede che il simultaneus processus, che comporta la modificazione della competenza relativamente a domande sog­gette a riti diversi come in questo caso, si verifichi esclusivamente in qualificate ipotesi di c.d. connessione forte previste dagli artt. 31 (cause accessorie), 32 (cause di garanzia), 34 (accertamenti incidentali), 35 (eccezione di compensazione) e 36 (cause riconvenzionali) del codice di rito. Orbene, la domanda di divisione di beni immobili è soggetta a rito ordinario ed è del tutto autonoma in quanto non legata da alcun rapporto di connessione con la domanda sul vincolo coniugale, mentre la domanda sullo status è soggetta al rito speciale della camera di consiglio di cui agli artt. 737 ss. c.p.c. e artt. 4 ss., l. n. 898/1970 [35]. L’applicazione delle regole italiane di competenza territoriale interna può comportare che la causa sullo status e quella accessoria patrimoniale, pur concentrate nel medesimo Stato, pendano davanti a giudici diversi dello stesso foro, così come può verificarsi che siano più fori differenti ad essere competenti rispettivamente sull’una e sull’altra domanda. Nella [continua ..]


2.2. La concentrazione processuale: la domanda riconvenzionale

Un’altra ipotesi di concentrazione processuale è data dall’art. 12 in tema di domanda riconvenzionale, della quale non viene specificata la nozione. Anche se riferito ad altro contesto normativo, segnatamente la Convenzione di Bruxelles del 1968 ed il Regolamento Bruxelles I, la Corte di Giustizia ha ribadito il proprio risalente orientamento, secondo il quale la nozione di domanda riconvenzionale deve essere ricostruita in ma­niera autonoma «nel senso che riguarda, sostanzialmente una domanda distinta volta alla condanna dell’attore» (…), che «può essere mantenuta anche se la domanda attorea viene respinta». La domanda riconvenzionale «deve essere distinguibile dall’azione del ricorrente e deve essere diretta a ottenere un provvedimento di condanna distinto». Proprio al fine di garantire alle parti una buona amministrazione della giustizia evitando l’instaurazione di altri procedimenti la proposizione della domanda riconvenzionale «consente alle parti di ottenere una pronuncia, nell’ambito dello stesso procedimento, e dinanzi allo stesso giudice, su tutte le pretese reciproche che abbiano un’origine comune» [40]. Purché l’A.G. adita sia effettivamente competente non rileva il titolo attributivo della competenza giurisdizionale in forza del quale sia stato radicato il procedimento, essendo sufficiente che sia pendente e che anche la domanda riconvenzionale rientri ratione materiae nell’ambito di applicazione [41] delineato in modo identico dall’art. 1. La norma non richiede altro [42], in quanto la connessione è data proprio dal fatto che la riconvenzionale rientri nell’ambito di applicazione ratione materiae, dal momento che l’intero Regolamento riguarda la stessa tipologia di materie. La domanda riconvenzionale deve comunque rispettare il perimetro di competenza che la norma attribuisce alla A.G. adita dall’attore per cui, se il giudice è chiamato a decidere in forza della competenza sussidiaria ex art. 10 limitata agli immobili ubicati nel foro, anche la domanda riconvenzionale subisce tale limite [43]. L’art. 12 realizza una concentrazione effettiva delle domande, atteso che la domanda riconvenzionale va proposta avanti lo stesso giudice, così che in tal modo la norma definisce sia la competenza giurisdizionale che quella interna delle A.G. dello [continua ..]


3. La litispendenza tra gli Stati membri partecipanti alla cooperazione rafforzata

Il considerando 42 del Reg. 2016/1103, ripreso con identica formulazione dal considerando 41 del Reg. 2016/1104 anticipa la ratio sottesa all’art. 17 concernente la litispendenza e all’art. 18 relativo alla connessione, quali istituti volti ad evitare il verificarsi di decisioni incompatibili tra Stati membri partecipanti diversi. Infatti, è interesse ad una buona amministrazione della giustizia evitare procedimenti paralleli pendenti innanzi ai giudici di Stati diversi e il contrasto di decisioni che ne potrebbero derivare [47]. Anche la nozione di litispendenza (situazione che si verifica secondo l’art. 18 qualora davanti all’A.G. di Stati membri differenti e tra le stesse parti siano proposte domande aventi il medesimo oggetto ed il medesimo titolo), va interpretata in maniera autonoma ed uniforme, accogliendo una definizione ampia. Secondo le indicazioni della Corte di Giustizia, sia pure riferite ad altri Regolamenti, la nozione di titolo riguarda «i fatti e la norma giuridica posta a fondamento della domanda», mentre quella di oggetto «consiste nello scopo della domanda» [48]. La situazione di litispendenza non può essere confinata in una mera identità formale delle domande [49], potendosi estendere anche quando sussistono due petitum che seppur opposti vertono sull’accertamento di un’identica questione che costituisce il fulcro di entrambi i procedimenti [50]. Così la locuzione «stesse parti» viene interpretata «indipendentemente dalla posizione processuale assunta dall’una e dall’altra parte nei due procedimenti in quanto l’attore nel primo procedimento può essere convenuto nel secondo» [51]. Ciò che rileva è che gli interessi delle diverse parti processuali «possono coincidere al punto che una sentenza pronunciata nei confronti dell’uno avrebbe forza di giudicato nei confronti dell’altro e i soggetti processuali sono portatori di interessi identici ed inscindibili, in tal caso si tratta della medesima parte» [52]. Verificata la sussistenza della litispendenza, vale a dire che i procedimenti, aventi il medesimo titolo ed oggetto nel senso sopra specificato, pendono contemporaneamente davanti alle A.G. di Stati membri partecipanti diversi [53], il legislatore europeo ha predisposto un meccanismo “chiaro ed efficace” basato sul [continua ..]


4. La legge applicabile: principi generali e criteri di collegamento

Le disposizioni che disciplinano la legge applicabile ai regimi patrimoniali tra coniugi e agli effetti patrimoniali delle unioni registrate sono contenute nel Capo III dei Regolamenti gemelli [67]. Al pari degli altri strumenti di cooperazione giudiziaria in materia civile, anche nei Regg. 2016/1103 e 2016/1104 riveste un ruolo primario l’autonomia delle parti, avendo i coniugi (o nubendi) e i partner (o futuri partner), in forza dell’art. 22, la possibilità di scegliere la legge applicabile ai loro rapporti patrimoniali/effetti patrimoniali dell’unione registrata, sebbene nei limiti posti dai Regolamenti stessi [68]. La scelta della legge applicabile può, infatti, essere effettuata esclusivamente tra le leggi che presentano con i coniugi o i partner uno stretto collegamento in ragione della residenza abituale o della cittadinanza dei medesimi. I partner, tuttavia, per evitare di privare la loro scelta di legge di qualsiasi effetto, possono designare la legge della residenza abituale o della cittadinanza solo a condizione che tale legge attribuisca effetti patrimoniali all’unione registrata [69]. In caso di mancanza di optio legis, «onde conciliare la prevedibilità e l’esigenza di certezza del diritto con le circostanze della vita reale di una coppia», il Reg. 2016/1103 introduce «norme sul conflitto di leggi armonizzate» basate su tre criteri di collegamento successivi (a cascata) che permettono di designare la legge applicabile all’insieme dei beni dei coniugi [70]. Il criterio prevalente è quello della prima residenza abituale comune dei coniugi dopo la conclusione del matrimonio (art. 26, par. 1, lett. a); nel caso in cui non sussista una residenza abituale comune, trova applicazione il criterio della cittadinanza comune dei coniugi al momento del matrimonio (art. 26, par. 1, lett. b) [71] e, da ultimo, nell’ipotesi in cui i coniugi abbiano cittadinanze diverse, «la legge dello Stato con cui i coniugi presentano assieme il collegamento più stretto, tenuto conto di tutte le circostanze» (art. 26, par. 1, lett. c) [72]. Diversamente, il Reg. 2016/1104, in mancanza di optio legis, prevede, all’art. 26, come unico criterio di collegamento, la legge dello Stato «ai sensi della cui legge l’unione registrata è stata costituita» [73]. Entrambi i Regolamenti, in via eccezionale [continua ..]


4.1. La scelta della legge applicabile

I coniugi o i nubendi, secondo il disposto dell’art. 22, par. 1, del Reg. 2016/1103, possono designare o cambiare di comune accordo la legge applicabile al loro regime patrimoniale sceglien­do, in via alternativa, la legge dello Stato della residenza abituale di entrambi o di uno di essi [89] al momento della conclusione dell’accordo (lett. a) o la legge di uno Stato di cui uno di essi ha la cittadinanza al momento della conclusione dell’accordo (lett. b). I medesimi criteri di collegamento sono previsti, sempre senza alcun ordine gerarchico, nel Reg. 2016/1104 [90] per la scelta della legge applicabile agli effetti patrimoniali dall’unione registrata da parte dei partner (o dei futuri partner) con l’aggiunta dell’ulteriore criterio «della legge dello Stato ai sensi della cui legge l’unione registrata è stata costituita» [91] e a condizione che la legge designata attribuisca effetti patrimoniali all’istituto dell’unione registrata [92]. I Regolamenti gemelli, come del resto gli altri Regolamenti UE in materia familiare, non definiscono la nozione di residenza abituale [93]. La Corte di Giustizia dell’Unione europea si è più volte pronunciata in merito all’interpreta­zione della nozione di residenza abituale di un minore con riferimento all’art. 8 del Reg. 2201/2003 [94]. Sull’interpretazione della residenza abituale di un coniuge nell’ambito del Reg. 2201/2003, la Corte di Giustizia è intervenuta per la prima volta il 25 novembre 2021, nella causa C-289/20, IB c. FA [95] affermando che «un coniuge, che divide la propria vita tra due Stati membri, può avere la propria residenza abituale in uno solo di tali Stati membri» al fine di non nuocere alla certezza del diritto [96]. Quanto al criterio della cittadinanza previsto nell’art. 22, par. 1, lett. b), si ritiene che, nel caso in cui le parti abbiano doppia o plurima cittadinanza, le stesse possano scegliere la legge dello Stato di una qualunque delle cittadinanze [97]. Per quanto non disciplinato dai Regolamenti, la scelta di una legge diversa da quelle indicate nel­l’art. 22 comporta l’inefficacia della designazione con conseguente applicazione dell’art. 26 [98]. La scelta di legge può essere effettuata in qualsiasi momento, prima, all’atto della conclusione del [continua ..]


4.2. La legge applicabile in mancanza di scelta delle parti

In mancanza di optio legis [109], l’art. 26, par. 1, del Reg. 2016/1103 dichiara applicabili ai rapporti patrimoniali tra coniugi le seguenti leggi: a) la legge dello Stato della prima residenza abituale comune dei coniugi dopo la conclusione del matrimonio, o in mancanza; b) la legge dello Stato di cittadinanza comune dei coniugi al momento della conclusione del matrimonio, o in mancanza; c) la legge dello Stato con cui i coniugi presentano assieme il collegamento più stretto al momento della conclusione del matrimonio tenuto conto di tutte le circostanze. Al pari di quanto previsto dall’art. 8 del Reg. 1259/2010, i criteri di collegamento trovano applicazione in ordine successivo con un meccanismo c.d. a cascata. Il primo criterio di collegamento è quello della residenza abituale comune dei coniugi dopo la conclusione del matrimonio. L’art. 26 non prevede il lasso di tempo successivo al matrimonio entro il quale debba essere stabilita la residenza abituale comune [110]. Ciò ha dato origine ad un contrasto dottrinale. Parte della dottrina, basandosi sul considerando 49 nel quale si precisa che la residenza abituale comune dovrebbe essere stabilita «poco dopo il matrimonio», ritiene che non dovrebbe trascorrere molto tempo [111]. Altra dottrina ritiene, invece, che non vi sarebbe alcun limite temporale [112]. Quanto al criterio della comune cittadinanza (par. 1, lett. b) si dovrà far riferimento al momento della celebrazione del matrimonio e non avranno alcun rilievo eventuali mutamenti successivi. Nell’ipotesi in cui i coniugi abbiano più di una cittadinanza comune (art. 26 par. 2) si applicheranno solo i criteri di collegamento di cui al par. 1, lett. a) e c), in ragione del principio che non vi può essere la prevalenza di una cittadinanza rispetto all’altra [113]. Qualora non sussista una cittadinanza comune al momento della conclusione del matrimonio, dovrà infine essere applicata la legge dello Stato «con cui i coniugi presentano assieme il collegamento più stretto al momento della conclusione del matrimonio, tenuto conto di tutte le circostanze» (par. 1, lett. c). A tal proposito potranno essere presi in considerazione tutti quegli elementi che hanno una correlazione tra lo Stato e i coniugi, quali ad esempio, la presenza dei figli sul territorio, la localizzazione dei beni della famiglia gestiti dai [continua ..]


5. Conclusioni

La stesura dell’articolo risente del fatto che non è stato reperito alcun provvedimento italiano concernente i Regolamenti patrimoniali, con il quale valutare concretamente le assunzioni dottrinali. L’assenza di precedenti editi trova diverse ragioni. Rimane ancora oggi una certa riottosità degli operatori del diritto ad accostarsi alle problematiche applicative del diritto internazionale privato e processuale anche europeo. Tale considerazione non va comunque disgiunta da una obiettiva complessità che presentano gli strumenti normativi internazionali compresi quelli europei, in particolare quelli concernenti i Regolamenti qui esaminati. La materia lato sensu familiare presenta una criticità particolarmente avvertita dagli operatori del diritto, data innanzitutto dalla frammentazione sia di ordine giurisdizionale, che di legge applicabile, che costringe a confrontarsi contemporaneamente in un’unica vicenda fattuale con fonti normative diverse a seconda del petitum. Non mancano anche nei rapporti patrimoniali istituti e meccanismi volti a contemperare tale fenomeno, come abbiamo, in via esemplificativa, sinteticamente sottolineato nel paragrafo 2.2, tramite la concentrazione di domande ai fini di determinazione della competenza giurisdizionale. È pur vero che i Regolamenti adottati nel 2016 hanno avuto piena applicazione dal 29 gennaio 2019 ed è probabile che la notoria lunghezza dei procedimenti civili in Italia abbia influito in modo significativo sulla ancora non raggiunta conclusione dei giudizi eventualmente pendenti.


NOTE