Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Il regolamento (UE) 2019/1111 (di Alberto Figone, Avvocato in Genova, Vice Presidente AIAF, Presidente AIAF Liguria)


Il lavoro confronta il Reg. n. 1111/2019 con il precedente Reg. n. 2201/2003, evidenziando le innovazioni introdotte, alla luce delle ragioni che hanno condotto alla sua adozione.

 

This work compares Reg. (EU) n. 1111/2019 with the previous Reg. (EU) n. 2201/2003, highlighting the introduced innovations, in light of the reasons that led to its adoption.

Keywords: Parental responsibility – Listening to the child – Enforceability and enforcement.

SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Competenza giurisdizionale - 2.2. Responsabilità genitoriale - 2.2.2. La scelta del foro - 3. Litispendenza e connessione - 4. L’ascolto del minore - 5. La sottrazione internazionale di minori - 6. Il riconoscimento delle decisioni, degli atti pubblici e degli accordi - 7. Esecutività ed esecuzione - NOTE


1. Introduzione

Come è noto, il Reg. (UE) n. 2201/2003 (c.d. Bruxelles II-bis) ha costituito una pietra miliare nella disciplina delle sempre più frequenti relazioni interpersonali cross-border, intervenendo in tema di competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale, responsabilità genitoriale e sottrazione di minori. Da tempo si è peraltro avvertita la necessità di introdurre miglioramenti a questo testo, tanto che già nel giugno 2016, la Commissione aveva presentato una proposta di riformulazione del Regolamento con l’obiet­tivo di «sviluppare ulteriormente lo spazio europeo di giustizia e diritti fondamentali basato sulla fiducia reciproca, eliminando gli ostacoli residui alla libera circolazione delle decisioni giudiziarie conformemente al principio del reciproco riconoscimento, e proteggere meglio l’interesse superiore del minore semplificando le procedure e rendendole più efficaci». La Commissione, pur riconoscendone il buon funzionamento, ha sottolineato una serie di criticità, emerse sia nelle consultazioni che nella giurisprudenza della Corte di Giustizia e di quella di Strasburgo. In particolare, lacune e problematicità si erano riscontrate nei seguenti settori: procedura per il ritorno del minore e collocamento in altro Stato membro, audizione del minore, requisito dell’exequatur, effettiva esecuzione delle decisioni, cooperazione tra autorità centrali [1]. L’esigenza di un miglioramento della disciplina in essere ha fatto sì che il Consiglio UE in data 25 giugno 2019 abbia adottato il Reg. 2019/1111, «relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, e alla sottrazione internazionale di minori» (c.d. Bruxelles II -bis recast). A decorrere dal 1° agosto 2022 il Regolamento è entrato in vigore, in tutti i Paesi membri dell’Unione europea, con l’eccezione della Danimarca, sostituendo il Bruxelles II-bis, con cui condivide del tutto l’ambito di applicazione, come risulta dal considerando 2, che così recita: «Il presente regolamento stabilisce norme uniformi sulla competenza in materia di divorzio, separazione personale e annullamento del matrimonio, nonché in materia di controversie riguardanti la responsabilità genitoriale che [continua ..]


2. Competenza giurisdizionale

2.1. Separazione, divorzio, annullamento del matrimonio   L’art. 3 nel nuovo Regolamento, nell’individuare i criteri di competenza giurisdizionale generale a conoscere delle diverse controversie inerenti la crisi coniugale, riprende il precedente testo, con l’espunzione di qualsiasi richiamo, dopo la Brexit, alla disciplina del “domicile” del Regno Unito e dell’Irlanda [2]. Nessuna novità nemmeno quanto agli artt. 4 e 5 (rispettivamente sulla domanda riconvenzionale e la conversione della separazione personale in divorzio). L’art. 6 del Reg. 2019/1111 mantiene immutati i criteri giurisdizionali anche in tema di competenza residua; nel caso in cui nessuno Stato membro sia competente sulla base dei criteri uniformi, troveranno applicazione le norme interne degli Stati stessi: si tratterà generalmente di procedimenti riguardanti coniugi non aventi né residenza abituale in uno degli Stati membri, né cittadinanza comune di uno Stato membro. In Italia, pertanto, in tale ipotesi, continuerà ad applicarsi l’art. 32, l. n. 218/1995. Solo la sussistenza di uno dei criteri di collegamento individuati negli artt. 3, 4 e 5 consente che sia convenuta davanti ad un giudice di uno Stato membro del­l’Unione europea una persona, che abbia la residenza abituale in altro Stato membro, ovvero la relativa cittadinanza.


2.2. Responsabilità genitoriale

2.2.1. Generalità Quanto alla responsabilità genitoriale, l’art. 7 del Reg. 2019/1111 afferma il principio generale contenuto nell’art. 8 Reg. Bruxelles II-bis, in relazione al quale la giurisprudenza italiana, in conformità a quella della Corte di Giustizia [3], ha avuto occasione di pronunciarsi già diverse volte [4]. Si precisa infatti che: «Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono adite». Come è noto, già in base alle fondamentali previsioni di cui alle Convenzioni di New York del 1989 e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ogni decisione che riguardi un minore deve essere conforme al suo migliore interesse. Sotto il profilo della competenza giurisdizionale, quell’interesse meglio può essere perseguito da un giudice di prossimità, come si esprime il considerando n. 20, che recupera il corrispondente n. 12 del Reg. Bruxelles II-bis: si spiega pertanto l’attribuzione della competenza al giudice di residenza abituale del minore. È frequente che questo giudice non si identifichi con quello competente a conoscere della crisi genitoriale, il che comporta la ben nota opera di “spacchettamento” delle domande, al fine di individuare non solo il foro, ma pure la legge applicabile. Il principio generale di cui all’art. 7 trova un’eccezione nelle fattispecie di cui agli artt. 8 (lecito trasferimento del minore da uno Stato membro ad un altro), 9 (trasferimento illecito o mancato ritorno del minore) e 10 (scelta del foro, su cui infra).


2.2.2. La scelta del foro

Il Reg. (UE) 2019/1111 ha confermato una (per quanto limitata) possibilità per «le parti e qualsiasi altro titolare della responsabilità genitoriale» di scegliere il foro in materia di responsabilità genitoriale. Attraverso detta scelta si rende possibile (almeno in alcuni casi) il consolidamento della domanda sulla responsabilità genitoriale davanti al giudice dello Stato membro dove è pendente il procedimento di separazione o divorzio fra i genitori [5]. Non si tratta tuttavia di una novità assoluta. L’art. 10, in effetti, sviluppa quanto in precedenza già disposto dall’art. 12 (rubricato “Proroga della competenza”) par. 3 del Reg. n. 2201/2003, recependo gli orientamenti interpretativi della Corte di Giustizia [6]. La nuova norma subordina l’individuazione convenzionale della scelta del foro al fatto che il minore abbia un legame sostanziale con lo Stato membro, di cui si è pattuita la giurisdizione in materia di responsabilità genitoriale. Gli elementi da cui può desumersi l’esistenza di tale legame particolare sono però in parte modificati rispetto al passato: oltre al fatto che almeno uno dei titolari della responsabilità genitoriale risieda abitualmente nello stato del foro (i) o che il minore sia cittadino di quello Stato (iii), si è inserita l’ipotesi che lo Stato membro “prorogato” sia la precedente residenza abituale del minore (ii). Quanto al necessario consenso, l’art. 10 precisa che esso, come anticipato, deve provenire non solo dalle “parti”, ma anche da qualsiasi altro titolare della responsabilità genitoriale, dovendosi includere anche il pubblico ministero che, in base alla legge del foro, debba eventualmente partecipare al procedimento. La “forma” di tale consenso non è unitaria. In primo luogo, si è riconosciuta la possibilità per le persone interessate di liberamente convenire la competenza giurisdizionale dello Stato in questione, al più tardi alla data in cui è adita l’autorità giurisdizionale (par. 1, lett. i). In altre parole, l’attribuzione della giurisdizione può derivare da un accordo precedente ovvero contestuale alla data di inizio del procedimento. Un tale accordo sulla scelta del foro, ai sensi del par. 2 del­l’art. 10, deve avere forma scritta ed [continua ..]


3. Litispendenza e connessione

L’art. 20 del Reg. (UE) 2019/1111 è strutturato sulla falsariga dell’art. 19 del Reg. Bruxelles II- bis. Il par. 1 prevede che, nel caso siano adite due autorità giudiziarie di Stati diversi dalle stesse parti, con domande di separazione, divorzio o annullamento del matrimonio, l’autorità successivamente adita sospende d’ufficio il procedimento fino a quando non sia stata accertata la com­petenza di quella preventivamente adita. La medesima regola è contemplata nel par. 2 quanto a domande sulla responsabilità genitoriale su uno stesso minore, aventi il medesimo oggetto ed il medesimo titolo; si fa peraltro salvo il caso in cui la competenza giurisdizionale sia fondata sull’art. 15, relativamente ai provvedimenti provvisori e cautelari. Non si può allora che richiamare l’interpretazione già fornita dalla Corte di Giustizia e dalla Cassazione. Quest’ultima, in conformità alla pronuncia delle S.U. n. 30877/2017 [8], ha confermato più volte che la questione relativa alla litispendenza internazionale, sia infra sia extra-comunitaria, deve essere ricondotta nell’alveo del regolamento necessario di competenza (art. 42 c.p.c.) perché il Giudice è chiamato ad effettuare unicamente una verifica dei presupposti di natura processuale, inerenti alla sussistenza o meno della litispendenza ed alla concreta applicabilità del criterio fondato sulla prevenzione temporale, senza che debba procedere ad una verifica in merito alla sussistenza o meno della giurisdizione che spetta, invece, al giudice preventivamente adito [9]. Per quanto riguarda poi la materia dello scioglimento del vincolo coniugale, la litispendenza intracomunitaria è stata riconosciuta anche ai casi di c.d. “falsa litispendenza”, che ricorrono tra domande simultaneamente pendenti tra le medesime parti, pur se connesse solamente quanto all’oggetto o al titolo. In materia familiare, tale soluzione si è resa necessaria a fronte delle differenze presenti nelle diverse legislazioni nazionali, che rendono praticamente impossibile l’instau­razione, in Stati differenti, di domande aventi il medesimo oggetto [10]. La necessarietà della sospensione si basa, dunque, sul combinato disposto dell’ordine cronologico con cui sono state adite le diverse autorità giurisdizionali e del risultato processuale [continua ..]


4. L’ascolto del minore

Come noto, l’ascolto del minore ha avuto un esplicito riconoscimento nella già citata Convenzione delle Nazioni Unite del 1989, come pure nella Convenzione di Strasburgo del 2003 sui diritti processuali del fanciullo. Anche il legislatore interno ha disciplinato la materia, dapprima con la riforma dell’affido condiviso (art. 155 quater c.c.) e successivamente con quella della filiazione (art. 337 octies c.c.). Ancor più di recente, in attuazione della delega di cui alla l. n. 206/2021, è intervenuto il d.p.r. n. 149/2022, che ha introdotto una disciplina maggiormente organica, ove si rimarca la centralità del giudice nell’incombente (art. 473 bis, 5° comma, c.p.c.). Non è certo questa la sede per affrontare in maniera esaustiva il tema: preme solo rammentare come l’ascolto, che diverge funditus dall’interpello o dalla testimonianza, rappresenta uno strumento con cui il giudice acquisisce la “voce” del minore, per una più compiuta valutazione della fattispecie, in funzione del perseguimento del miglior interesse del minore stesso. L’innovativo considerando 39 del Reg. n. 1111/2019 prevede che: «I procedimenti in materia di responsabilità genitoriale ai sensi del presente Regolamento e i procedimenti in materia di ritorno ai sensi della Convenzione dell’Aja del 1980 dovrebbero, quale principio di base, dare al minore oggetto del procedimento e capace di discernimento, conformemente alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, una possibilità concreta ed effettiva di esprimere la propria opinione e garantire che tale opinione sia presa debitamente in considerazione ai fini della valutazione dell’interesse superiore del minore». Opportunamente, il Regolamento, all’art. 21, ha ritenuto di demandare alla discrezionalità delle singole legislazioni nazionali degli Stati membri la scelta del soggetto tenuto ad ascoltare il minore e le modalità dell’audizione, con la precisazione che il giudice «tiene debito conto dell’opinione del minore in funzione della sua età e del suo grado di maturità». Del pari ha chiarito che, pur essendo l’ascolto un diritto del minore, non è configurabile un obbligo assoluto per il giudice di provvedervi, dovendo sempre operare nel rispetto del superiore interesse del minore medesimo. Occorre invero prendere le mosse dall’art. 34 [continua ..]


5. La sottrazione internazionale di minori

L’entrata in vigore del Reg. (UE) 2019/1111 ha comportato una modificazione del quadro normativo di riferimento relativamente alla sottrazione internazionale di minori, nelle fattispecie in cui un minorenne, a prescindere dalla cittadinanza posseduta, avente residenza abituale in un determinato Stato venga condotto, o venga trattenuto, in un altro Stato senza il consenso del soggetto che esercita la responsabilità genitoriale [13]. Come noto, la materia è regolata in via generale dalla Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori – ratificata dall’Italia con la l. n. 64/1994 – così come integrata, con esclusivo riferimento agli Stati membri dell’Unione europea (ad eccezione della Danimarca), dal Re­golamento in esame. Il soggetto, effettivamente esercente la responsabilità genitoriale sul minore infrasedicenne al momento della sottrazione, potrà avviare la procedura prevista dalla citata Convenzione dell’Aja per ottenere il suo rientro nello Stato di residenza abituale. Detta pro­cedura è promuovibile secondo due schemi processuali differenti: il primo consente al soggetto interessato di rivolgersi direttamente alle Autorità Giudiziarie dello Stato in cui il minore è stato portato o viene trattenuto, il c.d. Stato rifugio (cfr. art. 29 Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980); il secondo consente di rivolgersi all’Autorità Centrale dello Stato in cui il minore aveva la residenza abituale prima della sottrazione o del trattenimento. Il Reg. 2019/1111 affronta la materia della sottrazione internazionale di minori in modo organico e sistematico, all’interno di un intero capo ad essa dedicato, composto da 8 articoli (da 22 a 29); il precedente Regolamento Bruxelles II-bis la disciplinava invece nel solo art. 11, inserito nella sezione sulla responsabilità genitoriale [14]. Per realizzare al massimo l’interesse del minore alla stabilità abitativa, viene precisata in modo espresso la durata delle singole fasi dell’intero procedimento fino all’eventuale rimpatrio, indicata in sei settimane per il procedimento di pri­mo grado innanzi al Tribunale per i Minorenni (art. 24, 2° comma), sei settimane per il procedimento innanzi alla Corte di Cassazione (art. 24, 3° comma) e sei settimane per la fase di esecuzione (art. [continua ..]


6. Il riconoscimento delle decisioni, degli atti pubblici e degli accordi

Rispetto al Regolamento Bruxelles II-bis, sono rimaste sostanzialmente invariate le norme sul riconoscimento delle decisioni, che resta infatti automatico, così come continua a non essere necessario alcun procedimento particolare per l’aggiornamento delle iscrizioni nello stato civile di uno Stato membro (art. 30). Allo stesso modo (artt. 38 e 39) non sono mutati i motivi che possono giustificare un diniego del riconoscimento (contrasto con l’ordine pubblico, mancata in­staurazione del contraddittorio in caso di contumacia del convenuto, contrasto con altra decisione resa o riconoscibile nello Stato). L’unica rilevante eccezione è contenuta nel già esaminato art. 39 par. 2, in ordine alle decisioni sulla crisi della coppia genitoriale con figli minori, quando sia stato omesso il loro ascolto. Il Regolamento contiene importanti novità sul riconoscimento di atti pubblici e accordi in materia di separazione personale e divorzio, quali, in Italia, quelli previsti dalla l. n. 162/2014 di conversione del d.l. n. 132/2014 (negoziazione assistita o accordi di separazione e divorzio dinanzi all’ufficiale di stato civile) [16]. Le norme, che adeguano il regolamento alla giurisprudenza della Corte di Giustizia, prevedono che gli atti pubblici e gli accordi in materia di divorzio e separazione siano riconosciuti automaticamente in tutti gli Stati membri, qualora possiedano effetti giuridici vincolanti nello Stato di origine (art. 65). I motivi che possono giustificare un rifiuto di riconoscimento sono gli stessi previsti per il riconoscimento delle decisioni. Da tanto consegue la circolazione degli accordi di negoziazione, con l’incognita peraltro del mancato ascolto di eventuali figli minori.


7. Esecutività ed esecuzione

Le modifiche principali riguardano la fase dell’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e di responsabilità genitoriale, e sono relative all’abolizione dell’exequatur ed alla semplificazione del riconoscimento di alcuni tipi di decisioni, definite decisioni privilegiate. L’obiettivo, illustrato nel considerando n. 58 è quello «di ridurre la durata e i costi dei procedimenti giudiziari transfrontalieri riguardanti i minori», di modo che «la decisione emessa dal­l’autorità giurisdizionale di un qualsiasi altro Stato membro» possa «essere trattata come se fosse stata emessa nello Stato membro dell’esecuzione». L’art. 34 del Reg. (UE) 2019/2011 estende a tutte le decisioni in materia di responsabilità genitoriale l’abolizione della dichiarazione di esecutività; l’esclusione di detto procedimento si giustifica in quanto «le decisioni in materia di responsabilità genitoriale rese ed esecutive in un determinato Stato membro, sono esecutive negli altri Stati membri senza che sia necessaria una dichiarazione di esecutività»; è prevista la possibilità di proporre opposizione all’esecuzione, da parte di colui contro il quale l’esecuzione è richiesta, per i medesimi motivi per cui si può proporre opposizione al riconoscimento. Il Reg. n. 2201/2003 prevedeva questo meccanismo soltanto per le decisioni in materia di diritto di visita e di ritorno del minore (c.d. “privilegiate”) [17]. La procedura esecutiva è disciplinata dal diritto dello Stato dell’esecuzione [18]. Ogni decisione resa in uno Stato membro, che sia ivi esecutiva, deve essere eseguita nello Stato membro del­l’esecuzione alle stesse condizioni delle decisioni emesse in tale secondo Stato. In tal senso dispone l’art. 51, par. 1, del Regolamento in esame, come già l’art. 47, parr. 1 e 2, Reg. (CE) n. 2201/2003. Il Reg. (UE) 2019/1111 reca, altresì, specifiche disposizioni in tema di sospensione della procedura esecutiva e di diniego dell’esecuzione (artt. 41, 44, 56 e 57). L’esecuzione può essere soltanto parziale (per le relative fattispecie si fa rinvio agli artt. 36, Reg. (CE) n. 2201/2003 e 53 Reg. (UE) 2019/1111). La parte che chiede l’esecuzione di una decisione in [continua ..]


NOTE