Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
G. Giappichelli Editore

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Il nuovo rito – La l. n. 206/2021 (di Giulia Sarnari, Avvocata in Roma)


SOMMARIO:

1. Introduzione - 2. Alcuni principi del nuovo unico rito veloce e snello: il minore al centro - 2.1. Il contrasto alla violenza intrafamiliare - 2.2. La celerità del rito - 2.3. L’ascolto del minore - 2.4. La disclosure - 2.5. Unificazione del procedimento di divorzio a quello di separazione


1. Introduzione

AIAF a marzo 2021 ha sentito l’esigenza di fare un manifesto sui punti cardine della riforma processuale e ordinamentale del diritto di famiglia che da anni ha promosso e sollecitato e che finalmente il legislatore nel 2021 ha ritenuto di affrontare. E in data 9 dicembre 2021 è stata finalmente pubblicata la l. n. 206 che unitamente alla revisione del processo civile, riforma integralmente la giurisdizione dei diritti delle relazioni famigliari, delle persone e dei minori e le norme di procedura del rito famigliare, istituendo il Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie e unificando i tanti riti oggi esistenti, in unico rito. Per la formulazione di questo nuovo rito, il legislatore ha dato delega al governo di definire entro un anno dalla pubblicazione della legge, le norme processuali sulla scorta dei principi e dei criteri espressi con molto dettaglio al 23° comma, dell’unico articolo della legge delega n. 206/2021. Primariamente, il nuovo e unico rito verrà sistematicamente collocato nel Libro II del codice di procedura civile, dedicato al processo di cognizione e non più nel Libro IV, dove il legislatore del ’42 aveva posto il procedimento di separazione e i procedimenti camerali per la volontaria giurisdizione. Si tratta di una modifica significativa e non meramente formale, laddove l’inseri­mento nel Libro IV del codice di procedura civile sui procedimenti speciali non aveva una accezione positiva, ma stava a indicare una deviazione dal processo contenzioso ordinario, con attenuazione del principio del diritto di difesa e del contraddittorio, perché i procedimenti speciali erano stati intesi dal legislatore del ’42 «autentici modi di risolvere la lite più con la forza che con il diritto, strumenti di imperio più che di giustizia» (S. Satta). Tale modifica sistematica indica, dunque, il punto di bilanciamento sul quale il governo dovrà dare attuazione alla delega, contemperando gli ampi poteri officiosi del giudice (che il legislatore conferma per la tutela dei soggetti deboli) e le rigide preclusioni (che introduce per snellire la procedura e assicurare la tempestività delle decisioni laddove si verte di diritti disponibili), con il diritto di difesa e il diritto alla prova e al contraddittorio, propri del processo di cognizione, diritti questi ultimi che il legislatore delegato, a ben vedere, in più punti della [continua ..]


2. Alcuni principi del nuovo unico rito veloce e snello: il minore al centro

Non possiamo che essere massimamente soddisfatti comunque del fatto che la nuova giurisdizione specializzata sia stata dotata di un nuovo ed unico rito con il quale verranno trattate tutte le controversie familiari. Per ora non abbiamo la nuova procedura, il governo ci sta lavorando, ma abbiamo principi chiari che sono quelli da noi auspicati da anni e che più che lasciare questioni aperte, lanciano complesse sfide che saranno vinte solo se una volta entrate in vigore le nuove norme processuali vi sarà anche un cambio di passo della cultura giuridica in ambito famigliare. Si tratta di un rito infatti, in cui il minore, che è soggetto portare di propri diritti, avrà anche una propria legittimazione attiva nel processo che lo riguarda, sarà parte autonoma del processo, potrà postulare domande e richieste istruttorie, attraverso il curatore speciale che gli deve essere nominato. Il legislatore ha ampliato le fattispecie di nomina e ha previsto che i giovani ultra 14 enni, quan­do ne fanno richiesta, dovranno sempre avere nominato un curatore speciale che li rappresenta in giudizio. Solo in sede applicativa, tuttavia, si potrà verificare che apertura sarà data al nuovo art. 78, che prevede la nomina obbligatoria, oltre che in casi predefiniti, anche laddove il giudice rinviene una situazione di pregiudizio del minore e la nomina facoltativa laddove il giudice ritiene che i genitori per gravi ragioni siano temporaneamente inadeguati; e soprattutto solo in sede applicativa si potrà verificare quanto verrà fatto dalla società civile e dalle politiche giovanili per sensibilizzare i giovani ultra 14 enni a riconoscersi legittimati ad agire nel processo in via autonoma, quanto i giovani saranno resi edotti, consapevoli e posti nella condizione di poter avanzare domanda per vedersi attribuito un proprio curatore. Ed è evidente che maggiormente il minore parteciperà al processo in autonomia, con il suo curatore speciale, maggiormente il giudice della famiglia si troverà ad operare in posizione di terzietà, che è la finalità cui tendere, per far sì, come osservato, che questo nuovo processo sarà an­che un giusto processo, con recessione di quegli ampi poteri officiosi, attribuiti in larga misura al giudice della famiglia, anche da questo legislatore per la tutela dei soggetti deboli. Grande attenzione dunque dovrà [continua ..]


2.1. Il contrasto alla violenza intrafamiliare

Colpisce nel segno ed è straordinario poi che il legislatore abbia affermato che questo nuovo pro­cesso civile famigliare sia anche uno strumento primario per la emersione della violenza domestica e un luogo in cui deve e può essere intercettata e fermata. Come già previsto da prassi virtuose di diversi tribunali e procure, il governo, in attuazione della delega, deve dettare le modalità di coordinamento tra il giudice civile e le altre autorità giudiziarie, anche inquirenti. La delega sul punto è molto generica e dunque massima attenzione dovrà essere data nell’at­tuazione, alle modalità con cui dovrà concretizzarsi questo dialogo tra le due sedi giudiziarie, civile e penale, con attenzione alle garanzie di difesa, ogni qualvolta il giudice civile acquisisca dati e documenti dal giudice penale o dalle autorità di polizia giudiziaria e il PM a tutela della vittima, agirà anche nel processo civile. Del resto, per tutelare quelle situazioni di pregiudizio imminente e irreparabile per le quali l’im­mediato contraddittorio è sicuramente dannoso per la vittima di violenza e dunque deve essere evitato, il legislatore ha previsto che il giudice, si assuma la responsabilità di agire inaudita altera parte, demandano la instaurazione del contraddittorio alla fase successiva. Per alcuni desta perplessità che il legislatore abbia ritenuto sufficiente che per attivare quel preciso ed efficacie apparato processuale di protezione delle donne e dei minori vittime di violenza intra familiare all’interno del processo civile siano bastevoli le mere “allegazioni” di violenza, sebbene il principio cardine del processo civile è che chi agisce in giudizio deve dare la prova del fatto posto a fondamento della pretesa azionata. Tali obiezioni danno la misura della portata innovativa della riforma del processo famigliare che impone un cambio di paradigma e di mutuare al percorso che già è stato fatto nel processo penale, nel quale le sole dichiarazioni della vittima, in assenza di riscontri di prova, possono costituire prova, quando sono attendibili e sia effettuata una verifica adeguatamente motivata della credibilità soggettiva della dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto; ed è per tale ragione che anche in sede civile avvocate e avvocati della famiglia, insieme alle [continua ..]


2.2. La celerità del rito

Il nuovo unico rito è pensato affinché il giudice possa decidere l’intero procedimento già alla prima udienza. Un rito dunque veloce come da anni chiedevamo. Laddove il processo riguarda diritti disponibili il legislatore ha previsto delle preclusioni stringenti, sin dall’inizio del giudizio e allegazione e prove devono essere perfezionate negli atti introduttivi ed è alla prima udienza che il giudice si esprimerà sulle richieste di prova e laddove il processo deve continuare emetterà subito la sentenza sullo status. Il legislatore ha tuttavia previsto che il ricorrente possa espletare ulteriori difese a seguito della domanda del resistente e ciò sembra andrà fatto in un termine che sia precedente la prima udienza perché della previsione di una seconda udienza “preliminare” non pare vi sia spazio nella delega: vedremo la norma processuale come sarà confezionata. Certo è che il legislatore delegato dovrà essere molto accorto su questo punto e prevedere tempi serrati di difesa sì, ma anche efficaci garanzie del contraddittorio e valutare anche che se, concesso un termine a difesa al ricorrente, dovrà, per la regolarità del contraddittorio, essere previsto un successivo termine anche al resistente, affinché il contradittorio non sia impari. La lett. i), 23° comma del resto è sufficientemente ampia per prevedere un meccanismo processuale che contemperi la necessità di velocizzar i tempi come noi vogliamo, con il diritto di difesa e che riconosca alle parti termini a difesa anche a fronte dell’azione del PM e del curatore del minore, che sono le nuove parti processuali. Terminata l’istruttoria, non è prevista discussione orale, ma scritti difensivi conclusivi. Il legislatore ha previsto un termine di 60 giorni per il deposito della sentenza, non ha invece previsto alcun termine per la fissazione dell’udienza di rimessione della causa in decisione, una volta definita l’istruttoria, e ciò appare un vulnus nel ritmo serrato dato dal legislatore per la definizione del giudizio con urgenza, per cui è auspicabile che il legislatore delegato preveda termini coerenti con quelli stringenti previsti per la fase iniziale del giudizio, anche per questa fase conclusiva. Tenuto conto del rigido sistema delle preclusioni appare incongruente il rinvio, quando la istruttoria [continua ..]


2.3. L’ascolto del minore

È di grande importanza che il legislatore abbia specificato che l’ascolto del minore debba essere effettuato dal giudice direttamente e ove ritenuto necessario con l’ausilio di un esperto, e ciò chiarisce definitivamente che l’esperto possa solo coadiuvare il giudice non essere da lui delegato. Il legislatore specifica anche che l’ascolto del minore sia sempre videoregistrato. Tale indicazione è significativa, perché cristallizza un momento processuale importante del processo a salvaguardia del diritto di difesa di tutte le parti. L’ascolto del minore infatti è stato definito un atto istruttorio, sia pur distinto da tutti gli altri, un vero e proprio nuovo “momento formale del procedimento” (Carbone, Cass. 5 marzo 2014, n. 5097), caratterizzante il processo famigliare che fa parte dell’istruttoria, perché contribuisce a dare al giudice un elemento fondamentale di comprensione. Si evidenzia anche che la lett. dd), 23° comma prevede che tutta al disciplina dell’ascolto del minore sia revisionata: auspicabile che tale revisione, da un punto di vista strettamente processuale, assicuri che l’esercizio del diritto di difesa, che non può essere impedito in alcun “momento” del processo, non sia sospeso in occasione di detto incombente con un passo in avanti rispetto a quanto affermato dall’art. 336 bis c.c. e con formalizzazione della fase processuale volta alla proposta di argomenti e temi di approfondimento prima dell’inizio dell’ascolto.


2.4. La disclosure

Il legislatore ha previsto che le parti, anche se non vi sono minori, devono sempre depositare le denunce dei redditi degli ultimi tre anni, documentazione attestante la disponibilità mobiliari, immobiliari e finanziarie degli ultimi tre anni. Tale norma prende le mosse dalla prassi giudiziaria di molti tribunali che con il provvedimento di vocatio in ius impongono da oltre un decennio tale obbligo di trasparenza, sulla scorta del principio che prevede che nel processo famigliare vi sia non solo l’obbligo della partecipazione, ma anche l’obbligo di dire la verità con lealtà e trasparenza. Anche questo è un tratto distintivo tipico del processo famigliare, perché nel processo ordinario le parti hanno il diritto non solo di non parlare, ma anche di non dire la verità. L’obbligo della disclosure laddove si verte di diritti disponibili, è la perpetrazione di quei poteri officiosi che il legislatore con l’art. 5 della legge sul divorzio ha affermato per la prima volta destando disappunto e a ben vedere sotto questo profilo si è persa un’occasione per dare ordine alla materia, laddove è incongruente che domande soggette alla disponibilità delle parti, quali quella di assegno coniugale e di assegno divorzile.


2.5. Unificazione del procedimento di divorzio a quello di separazione