Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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Pubblicazione immagini dei minorenni sui social senza il consenso dell'altro genitore: rimedi civilistici e rischi (di Angela Giannetti, Avvocata in Firenze)


L’Autrice illustra la disciplina inerente alla pubblicazione delle immagini di soggetti minori di età sui social network, con particolare riguardo ai rimedi civilistici esperibili nel caso in cui la pubblicazione dell’immagine del figlio minore avvenga senza il consenso di entrambi i genitori. L’Autrice si sofferma anche sui rischi di natura sociale connessi alla circolazione delle immagini di minorenni sul web.

 

The Author illustrates the rules relating to posting images of children on social networks, with particular regard to the civil-law remedies available in the event that the child’s image is posted without the consent of both parents. She also discusses the social risks connected with circulating images of children over the Internet.

Keywords: publishing images – social networks – minors.

SOMMARIO:

1. Premessa - 2. Normativa di riferimento - 3. Rimedi civilistici ed orientamenti giurisprudenziali - 4. Scuola ed enti ricreativi: cattive prassi ed autorizzazione alla pubblicazione di immagini di minorenni - 5. Quando il soggetto minore può decidere da solo - 6. Rischi connessi alla pubblicazione delle immagini di soggetti minori online: adescamento e pedopornografia, un trend in crescita. Buone prassi e prevenzione - NOTE


1. Premessa

La pubblicazione delle immagini (foto e video) di soggetti minori sui social media è un fenomeno che ha acquisito, e sta acquistando, sempre maggiore consistenza nella società occidentale odierna. Chiunque può constatare la cospicua mole di immagini costantemente pubblicate online, che ritraggono i minori in vari momenti della vita quotidiana: a casa, a scuola, in vacanza e, più in generale, in luoghi abitualmente frequentati come centri sportivi e ricreativi. Non è raro che il post pubblicato sul social network riporti, non solo l’immagine del minore, ma anche il luogo esatto in cui è stata scattata la fotografia, le cui coordinate sono spesso esplicitate tramite l’ap­plicazione di Google Maps. Questo fenomeno ha assunto una portata tale da essere stato etichettato con il termine inglese “sharenting”, neologismo di matrice statunitense che deriva dalla fusione delle parole inglesi “share” (condividere) e “parenting” (genitorialità) e, ormai, di uso comune sul web. Nella maggior parte dei casi, la pubblicazione delle immagini avviene senza il consenso dei minori interessati. Ciò è motivato dal fatto che spesso i minori sono troppo piccoli, o non abbastanza grandi, per comprendere le implicazioni della pubblicazione di foto o video online, o, comunque, semplicemente il consenso non viene loro richiesto. La sempre più frequente divulgazione di informazioni ed immagini non è un fenomeno circoscritto ai soli genitori dei minori ma spesso riguarda anche i parenti e persino gli amici. Questo contribuisce ad un’ulteriore amplificazione della sovraesposizione sui canali social di bambini e bambine le cui immagini rimarranno per sempre in rete, formando così una vera e propria identità digitale, sulla quale i minori, anche una volta cresciuti, non avranno alcun controllo. Può accadere che persino gli enti scolastici e para scolastici sui propri social media facciano uso di immagini dei minori, con il volto non adeguatamente oscurato, talvolta persino senza il consenso di entrambi i genitori. Questo è senz’altro un indicatore di quanto un tema così delicato, venga, nella prassi quotidiana, spesso sottovalutato. È necessario, dunque, comprendere le conseguenze di tale sovrabbondanza di immagini sui social che ritraggono soggetti minori di età. Il tema è molto ampio [continua ..]


2. Normativa di riferimento

Una prima importante indicazione circa le conseguenze dell’abuso dell’altrui immagine viene dall’art. 10 c.c., il quale recita: «Qualora l’immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l’esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l’autorità giudiziaria, su richiesta dell’interessato, può disporre che cessi l’abuso, salvo il risarcimento dei danni». Tale norma è alla base di tutte le pronunce in tema di abuso nella diffusione dell’immagine di familiari, non solo quindi dei figli minori ma anche del partner e di altri familiari. Altro importante riferimento è la legge sul diritto d’autore, ovvero la n. 633 del 22 aprile 1941, che all’art. 96, 1° comma [1], sancisce il divieto di esporre, riprodurre o mettere in commercio il ritratto di una persona senza il consenso di quest’ultima. Il successivo art. 97 [2], poi, ammette, in alcune specifiche ipotesi, la diffusione dell’immagine altrui anche senza il consenso dell’interes­sato. La pubblicazione non autorizzata, tuttavia, dovrà essere giustificata da esigenze di pubblica informazione particolarmente rilevanti e tali da prevalere sul diritto del singolo alla propria immagine. Il ritratto, in ogni caso, non potrà essere esposto o messo in commercio, quando questo rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o al decoro della persona ritrattata. La legislazione inerente alla riservatezza dei minori ed alla loro tutela da indebite ingerenze ha avuto un’importante evoluzione intorno agli anni ’90 con la Convenzione di New York sui Diritti del Fanciullo del 20 novembre 1989 (ratificata dall’Italia con l. 27 maggio 1991, n. 176). Dopo aver definito all’art. 1 il “fanciullo”, come «ogni essere umano avente un’età inferiore a diciott’anni, salvo se abbia raggiunto prima la maturità in virtù della legislazione applicabile», al successivo art. 16, 1° comma, stabilisce che «Nessun fanciullo sarà oggetto di interferenze arbitrarie o illegali nella sua vita privata, nella sua famiglia, nel suo domicilio o nella sua corrispondenza, e neppure di affronti illegali al suo onore e alla [continua ..]


3. Rimedi civilistici ed orientamenti giurisprudenziali

La giurisprudenza di merito offre spunti importanti per quanto attiene alle tutele da esperirsi in concreto contro la sovraesposizione sui canali social dei minorenni. Nei casi in cui tale esigenza di tutela emerga nell’ambito della crisi familiare, ciò rappresenta un elemento che acuisce il conflitto tra i genitori, venendo così a costituire un elemento accessorio ed ulteriore dei procedimenti volti a regolare, a qualsiasi titolo, i rapporti genitori-figli. Un importante strumento processuale volto a far cessare la diffusione di immagini di minori sui social è costituito dal ricorso ex art. 709 ter c.p.c. [5]. In caso di gravi inadempienze o comunque di atti che arrechino pregiudizio al minore, il Giudice può modificare i provvedimenti in vigore e, oltre ad ammonire il genitore inadempiente, può anche condannarlo ad un risarcimento del danno in favore del minore o dell’altro genitore. Dal 22 giugno 2022, data in cui entreranno in vigore alcune disposizioni contenute nella l. 26 novembre 2021, n. 206, tale strumento diverrà particolarmente efficace tenuto conto che con il nuovo 2° comma, n. 3), dell’art. 709 ter c.p.c. il Giudice, nel disporre un risarcimento dei danni, potrà individuare la somma giornaliera dovuta per ogni giorno di violazione o di inosservanza dei provvedimenti assunti ed il provvedimento costituirà titolo esecutivo per il pagamento delle somme ai sensi dell’art. 614 bis c.p.c. I Giudici, comunque, già prima della riforma in vigore da giugno 2022, in alcuni casi disponevano la sanzione di cui all’art. 614 bis c.p.c. [6]. Ad esempio, il Tribunale di Roma [7] ha emesso un provvedimento ex art. 709 ter c.p.c. nell’ambito di un procedimento di divorzio caratterizzato da alta conflittualità tra i genitori ai quali, nel precedente giudizio di separazione, era stata sospesa la responsabilità genitoriale. Il figlio minore della coppia, di anni sedici, ascoltato dal Giu­dice, chiese persino di poter andare a studiare negli Stati Uniti, mostrando altresì schermate di pagine di social network in cui la madre aveva inserito foto che lo ritraevano, diffondendo sui media sia la storia familiare che dettagli delle controversie giudiziarie. A tal proposito gli artt. 50 e 52 del Codice Privacy vietano la divulgazione di informazioni che rendono identificabili minori coinvolti in procedimenti giudiziari, [continua ..]


4. Scuola ed enti ricreativi: cattive prassi ed autorizzazione alla pubblicazione di immagini di minorenni

Giova spendere una breve riflessione sulle prassi che si riscontrano di frequente all’interno di istituzioni scolastiche e ricreative in merito alla prestazione del consenso, da parte dei genitori, alla pubblicazione di immagini dei minori. Come è noto, tali istituzioni sono solite chiedere, relativamente ai minori iscritti, di essere autorizzate al trattamento dei dati personali e all’utilizzo foto, video e audio ripresi dagli operatori o persone incaricate e alla loro successiva pubblicazione e diffusione in qualsiasi forma sul sito internet istituzionale o su qualsiasi altro mezzo di diffusione o canale social nonché alla conservazione di tale materiale. In mancanza di normative specifiche sul punto, il consenso al trattamento dei dati personali del minore degli anni quattordici (art. 2 quinquies, d.lgs. 10 agosto 2018, n. 101) non può prescindere dal consenso di entrambi i genitori. Spesso, tuttavia, tali moduli erroneamente richiedono la sottoscrizione e quindi l’autorizzazione da parte di uno solo dei genitori [16]. Anche qualora i genitori siano separati o divorziati il consenso per il trattamento dei dati personali, nonché per la pubblicazione delle immagini sui canali social, non può prescindere dal consenso di entrambi, anche qualora il figlio sia affidato in via esclusiva ad uno dei due genitori. In caso contrario, il genitore che non sia stato informato e non abbia rilasciato tale consenso potrebbe esperire tutti i rimedi di natura civilistica di cui sopra. La giurisprudenza di legittimità [17] rileva come il consenso alla pubblicazione dell’immagine costituisce un negozio unilaterale, avente ad oggetto non il diritto, personalissimo ed inalienabile, all’immagine, ma soltanto l’esercizio di tale diritto; i genitori esercenti la responsabilità che prestano tale consenso alla pubblicazione di contenuti (immagini e video), rappresentano il minore nel compimento del negozio giuridico. Sebbene possa essere occasionalmente inserito in un contratto, il consenso resta distinto ed autonomo dalla pattuizione che lo contiene ed è sempre revocabile, qualunque sia il termine eventualmente indicato per la pubblicazione consentita ed a prescindere dalla pattuizione convenuta, che non integra un elemento del negozio autorizzativo [18]. Infine, è buona prassi, soprattutto quando la pubblicazione sui canali social di enti scolastici o ricreativi [continua ..]


5. Quando il soggetto minore può decidere da solo

Un aspetto peculiare riguarda l’età minima raggiunta la quale un soggetto minorenne può decidere da solo in merito all’utilizzo dei propri dati personali. L’art. 2 quinquies del Codice della Privacy, in conformità a quanto previsto dall’art. 8, par. 1 del Regolamento [19], prevede che i minori possano validamente prestare il loro consenso al trattamento dei dati personali solo una volta compiuti gli anni quattordici; per quelli di età inferiore il consenso sarà prestato da coloro che esercitano la responsabilità genitoriale. Inizialmente, l’orientamento prevalente era quello di fissare l’età minima per prestare tale consenso ai sedici anni. L’anticipazione dell’età minima per prestare il consenso al trattamento dei propri dati, dai sedici ai quattordici anni, pone un quesito interessante circa la reale capacità del minore, appena quattordicenne, di valutare seriamente e compiutamente l’opportunità e i rischi connessi a tale azione. Oggi, infatti, i minorenni, pur essendo esperti in tecnologia, sono connotati senz’altro da una condizione di vulnerabilità nell’ambiente digitale in quanto spesso incuranti e, comunque, meno consapevoli di un adulto, sia dei rischi insiti nell’uso delle nuove tecnologie, che delle norme previste a tutela dei diritti dei consumatori [20]. A conferma di ciò, basti pensare che proprio il Garante per la Protezione dei dati personali, con il Vademecum del novembre 2020, contenente linee guida per proteggere la privacy sui social, ha suggerito agli utenti: di pubblicare immagini di altre persone o di inserire i loro nomi nei tag solo se queste siano consenzienti avendo cura di controllare se i contenuti condivisi siano visibili a tutti gli utenti del social oppure solo ad alcune persone scelte dal soggetto; nonché di valutare bene se bloccare l’inserimento di tag con il proprio nome in post di altri utenti/autorizzare solamente alcuni utenti a “taggare” il proprio nome/chiedere di ricevere un messaggio che avvisi quando il proprio nome è associato ad un post di altro utente. Il Garante ha sottolineato altresì che, una volta postati foto o video, potrebbe essere difficile rimuoverli qualora altri utenti abbiano provveduto a scaricarli o a condividerli a loro volta. Infine il Garante ha messo in guardia gli utenti della rete dal [continua ..]


6. Rischi connessi alla pubblicazione delle immagini di soggetti minori online: adescamento e pedopornografia, un trend in crescita. Buone prassi e prevenzione

In ultimo ma non meno importante, vi è l’analisi dei possibili rischi connessi ad una sovraesposizione sui social network dei soggetti minori di età. Tali immagini, infatti, rischiano di essere facilmente reperite dai malintenzionati presenti in rete ed utilizzate impropriamente, ad esempio al fine di trarne materiale pedopornografico, mediante modifica e successiva sovrapposizione ad immagini preesistenti da scambiare poi con altri utenti sul dark web. Un altro pericolo, soprattutto nel caso di pubblicazione frequente di foto dei minori nei luoghi da loro abitualmente frequentati (scuola, parco giochi, centri sportivi ed altro) è quello di adescamento, in quanto il malintenzionato, adocchiato il bambino o l’ado­lescente in rete, è in possesso di informazioni dettagliate che lo riguardano. La pericolosità non risiede tanto nell’utilizzo di un social network piuttosto che un altro, quanto nel numero di foto o video pubblicati. Le fotografie digitali inoltre sono corredate da una serie di dati (i cosiddetti metadati) che consentono di risalire ad importanti informazioni, tra le quali ad esempio le coordinate GPS di longitudine e latitudine di scatto, mediante le quali è possibile collocare il soggetto rappresentato nello spazio. Neppure si può essere certi che alcune misure di protezione, quali impostare il proprio profilo social in modo che solo gli amici possano visualizzarne il contenuto, siano sufficienti a proteggere dai rischi sopra citati in quanto, ad esempio, è ormai prassi comune aderire a gruppi di interesse di cui non si conoscono tutti i membri e comunque non tutti gli utenti, specialmente se molto giovani, riescono ad estendere la propria rete di contatti in modo sufficientemente oculato. Come accennato precedentemente, in tale contesto si colloca anche il delicato tema della possibilità del minore, appena compiuti gli anni quattordici, di decidere autonomamente in merito ai propri dati personali ed alla pubblicazione della propria immagine. È chiaro infatti che sono proprio gli adolescenti i soggetti maggiormente esposti, in quanto non costantemente accompagnati, come invece sono i bambini più piccoli, ma in grado di utilizzare autonomamente i social. Secondo i dati ufficiali forniti dal Ministero dell’Interno, il delitto di adescamento di minorenni (art. 609 undecies c.p.) presenta un numero crescente di vittime, che passano da 666 [continua ..]


NOTE