Rivista AIAF - Associazione Italiana degli Avvocati per la famiglia e per i minoriISSN 2240-7243 / EISSN 2704-6508
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La tutela del minore rispetto alla figura del curatore speciale nel processo civile e penale. Inquadramento normativo (di Elisa Tosini, Avvocata in Viterbo)


L’Autrice inquadra la figura del Curatore speciale del minore nei principi generali dati dalla normativa sovrannazionale e nazionale sia in ambito in ambito civile che penale quando il minore è vittima di reato e offre un inquadramento sistematico con riguardo ai casi di nomina atipici e ai casi di nomina codificati.

The Author outlines the figure of the child’s special Guardian in the general principles provided by suprana­tional and national legislation, under both criminal and civil law, when the child is a crime victim. She then offers a systematic overview relating to the atypical cases of appointment, and those covered by the code.

SOMMARIO:

1. Premessa. I principi generali della normativa sovrannazionale e nazionale in ambito civile - 2. La figura del Curatore speciale del minore. Inquadramento sistematico e rappresentanza - 3. I casi di nomina atipici - 4. I casi di nomina codificati - 5. Le funzioni del Curatore speciale del minore - 6. Il Curatore speciale in relazione al minore vittima di reato - NOTE


1. Premessa. I principi generali della normativa sovrannazionale e nazionale in ambito civile

La condizione del minore nell’ambito della famiglia e della società ha subito una radicale trasformazione nel corso del tempo. Da una concezione del minore assolutamente adulto-cen­trica, in cui lo stesso era inteso quale mero “oggetto” dei diritti degli adulti e per tale ragione sottoposto a una potestà patriarcale pressoché assoluta, si è passati a una diversa visione del fanciullo come vero e proprio “soggetto” di diritto nell’ambito del contesto famigliare e sociale. A fronte dei molteplici interventi legislativi susseguitisi negli anni, sia a livello internazionale che nazionale, e dei plurimi sviluppi pretori, le regole del diritto di famiglia hanno subito, specie nell’ultimo ventennio, una serie di rilevanti modifiche, tutte improntate a una nuova concezione dei rapporti tra genitori e figli. La potestà, oggi sostituita dalla responsabilità genitoriale, non costituisce più un diritto esclusivo e assoluto dei genitori verso il figlio, ma una vera e propria funzione, ovvero, un’attribuzione orientata alla tutela e allo sviluppo del minore, considerato quale autonomo centro di diritti e interessi da far valere all’interno dei rapporti famigliari. In questa prospettiva le nuove regole del diritto di famiglia incidono profondamente sui precedenti paradigmi giuridici dei rapporti familiari, introducendo, inter alia, il principio generale dell’interesse del minore come primaria finalità e funzione dei doveri genitoriali; principio che deve sempre essere garantito e salvaguardato, specie in caso di conflitti famigliari. Sotto questo profilo in sede sovrannazionale la tutela del minore assume maggiore pregnanza, seppure sulla base di disposizioni necessariamente più generiche nei loro contenuti. Vengono innanzitutto in evidenza diverse Convenzioni ONU che riconoscono al minore una serie di diritti sostanziali. Si pensi, per esempio, alla Dichiarazione di Ginevra del 1924 e alla Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo del 1959 che hanno avuto l’indubbio merito di rivolgere un avvertimento all’intera umanità affinché si renda garante della protezione del minore in relazione, in primis, alle sue necessità materiali e affettive, andando a riconoscergli primari diritti di libertà, protezione e informazione all’interno della famiglia e della società. Specie per quel che concerne [continua ..]


2. La figura del Curatore speciale del minore. Inquadramento sistematico e rappresentanza

Con il termine Curatore speciale del minore generalmente si intende colui che è chiamato a svolgere, dietro specifico mandato allo stesso conferito dalla competente Autorità giudiziaria, funzioni di rappresentanza del minore per il compimento di un singolo atto o di una serie definita di atti, oppure all’interno di un determinato processo. Il nostro sistema processuale conosce due distinte figure di Curatore speciale del minore: quella del Curatore ad acta e quella del Curatore ad processum. Rientrano nella prima delle due tipologie di Curatore speciale del minore indicate tutti i casi in cui, per esempio, un giudice tutelare ex art. 320 c.c., al fine di superare una situazione di conflitto di interessi di carattere patrimoniale tra il minore e i di lui genitori, nell’esclusivo interesse del fanciullo, autorizza il compimento di un atto di straordinaria amministrazione (per es. l’acquisto e/o la donazione di un immobile). Parimenti, vi rientrano le ipotesi in cui si rende necessario l’intervento del giudice tutelare, ex art. 321 c.c., in quanto i genitori esercenti la potestà genitoriale non possono o non vogliono compiere uno o più atti nell’interesse del figlio [8]. In tutte queste situazioni il Curatore speciale è chiamato a rappresentare il minore solo per il compimento di una specifica attività e per un limitato periodo di tempo, distinguendosi in questo modo dalla diversa figura del tutore. Quest’ultimo, infatti, non solo ha la rappresentanza stabile del minore per tutti gli atti di ordinaria e straordinaria amministrazione che lo riguardano, ma interviene generalmente in tutte quelle situazioni, solitamente di lungo periodo, in cui il fanciullo si trovi privo dei genitori o qualora questi siano entrambi impediti. Accanto alle ipotesi del Curatore ad actum, per quanto invece concerne il Curatore ad processum si rileva quanto segue. Tale tipologia di Curatore, generalmente nominato dal giudice tutelare e solo in via residuale da altra Autorità [9], interviene in relazione a fattispecie particolari che richiedono la presenza del minore nel processo, ivi rivestendo in maniera diretta la qualifica di parte in senso formale e dunque essendo il titolare del diritto fatto valere, oppure avendo solo un mero interesse nel giudizio in quanto indirettamente destinatario dei suoi effetti (parte in senso sostanziale) [10]. Tali ipotesi, solitamente tipizzate, in [continua ..]


3. I casi di nomina atipici

In ogni caso, tralasciando le problematiche sottese al c.d. difensore del minore, in riferimento alle sole ipotesi di rappresentanza processuale sostanziale del Curatore speciale del minore si evidenzia come il legislatore abbia previsto un’ulteriore differenziazione. Si distinguono i casi in cui la nomina del Curatore speciale del minore riguarda fattispecie c.d. atipiche, in quanto regolamentate per situazioni generiche e residuali non previste da atre nor­me, rispetto a quelle invece c.d. tipizzate. Situazioni quest’ultime in cui, a seconda del tipo di giu­dizio che si viene a instaurare e dell’interesse ivi specificamente tutelato, il minore assume nella maggioranza delle situazioni anche la qualifica di parte formale, oltre che sostanziale, rappresentando dunque un litisconsorte necessario. Ricadono indubbiamente nel novero dei casi c.d. atipici di nomina del Curatore speciale del minore quelle previste dagli artt. 78, 79 e 80 c.p.c. Tali norme rappresentano delle clausole generali di tutela del fanciullo volte a riconoscere l’esigenza di nominare un Curatore speciale in tutte le ipotesi in cui il minore si venga in via d’urgenza a trovare in una situazione in cui sia improvvisamente venuta meno la di lui consueta rappresentanza o assistenza genitoriale o diversamente del tutore [13]. In queste ipotesi, attualmente disciplinate dall’art. 78, 1° comma, c.p.c., la nomina del Curatore speciale del minore ha una durata temporanea, rimanendo in carica fino a quando non subentra colui al quale spetta la rappresentanza e l’assistenza del minore o sino a quando non cessi la situazione contingente che ha giustificato inizialmente la nomina. L’art. 78, 2° comma, c.p.c. prevede inoltre la nomina di un Curatore speciale del minore in tutte quelle situazioni generali in cui tra i genitori o il tutore sia ravvisabile un conflitto d’interessi con il fanciullo, non altrimenti disciplinato dalle ipotesi tipiche di alcune particolari fattispecie di giudizi di seguito individuate. In questo caso, non è necessario che il conflitto presenti il requisito dell’attualità, ma è sufficiente che sussista una incompatibilità anche solo potenziale tra il rappresentante e il rappresentato. La potenzialità e incidenza del conflitto, oltre a essere valutata ex ante, si ritiene sussistente ogni qualvolta in cui, in ragione della materia del contendere, rispetto [continua ..]


4. I casi di nomina codificati

Accanto alle ipotesi atipiche e residuali di rappresentanza processuale del minore contemplate nel codice di procedura civile sopra esaminate, il legislatore ha previsto anche delle ipotesi tipiche di nomina legalizzata del Curatore speciale; ipotesi in cui quest’ultimo è chiamato a svolgere una rappresentanza processuale del fanciullo a seconda del ruolo rivestito nelle diverse categorie di controversie che lo coinvolgono e dei diritti dal medesimo ivi fatti valere. Senza alcuna pretesa di esaustività si evidenzia come nei procedimenti in materia di status filiationis e in relazione a quelli aventi per oggetto i diritti patrimoniali di cui il minore risulta titolare, in considerazione dell’incapacità dello stesso di stare in giudizio in via autonoma, anche prima delle modifiche introdotte dalla l. n. 206/2021 il legislatore ha espressamente riconosciuto il diritto alla nomina di un rappresentante legale, prevedendone espressamente i casi in cui procedere a nominare un Curatore speciale. Si pensi, per esempio, alle norme già citate di cui agli artt. 320 e 321 c.c. o a quelle relative ai giudizi di disconoscimento di paternità di cui agli artt. 247 ss. c.c. In questi ultimi giudizi, infatti, il presunto padre, la madre e il figlio sono tutti considerati litisconsorti necessari ex art. 102 c.p.c., in quanto la decisione incide direttamente sullo status filiationis, con la conseguenza che, al fine di garantire il contraddittorio tra tutti, deve necessariamente essere assicurata la nomina di un Curatore speciale del minore; soprattutto se si considera che la decisione adottata all’esito di questi giudizi va necessariamente a incidere sul diritto del minore alla certezza delle proprie origini, essendo evidente il conflitto d’interesse esistente con uno dei genitori apparentemente risultante tale. Analoghe considerazioni devono effettuarsi in riferimento ai giudizi d’impugnazione del riconoscimento del figlio nato fuori dal matrimonio per difetto di veridicità, ex artt. 263 e 264 ss. c.c. In tali casi, nonostante il legislatore non abbia espressamente previsto che il fanciullo sia litisconsorte necessario, tuttavia, si ritiene che debba necessariamente procedersi alla nomina di un Curatore speciale non solo quando a farne richiesta sia il minore di età maggiore di 14 anni, ma in tutti i casi in cui sia coinvolto un minore. A supporto si richiama l’art. 78 c.p.c., come [continua ..]


5. Le funzioni del Curatore speciale del minore

Oltre alla funzione di rappresentanza sopra delineata in virtù della citata normativa, al Curatore speciale l’ordinamento sovrannazionale e nazionale riconoscono anche degli ulteriori compiti, quali quelli d’informazione, ascolto, assistenza e tutela del minore. In particolare, tali compiti si desumono dal già citato art. 10 della Convenzione di Strasburgo in base al quale il Curatore speciale del minore, nell’espletamento del suo compito e nel rapportarsi con il minore capace di discernimento, è tenuto: a) incontralo e parlare con lui; b) a informarlo puntualmente del procedimento che lo riguarda, della sua evoluzione e delle possibili conseguenze; c) ad ascoltarlo, prendere atto delle sue opinioni e del suo pensiero in relazione a quanto accade in giudizio e riferirlo all’Autorità giudiziaria; d) chiedere l’emanazione dei provvedimenti che lo stesso ritenga rispondenti al preminente interesse del minore. Con specifico riferimento all’obbligo d’informativa e ascolto si ritiene che il Curatore speciale del minore nello svolgere dette funzioni debba sempre necessariamente tenere conto dell’età del fanciullo sottoposto alla sua rappresentanza, utilizzando quali parametri di riferimento quelli previsti dall’art. 336 bis c.c. in ordine alle modalità di audizione del minore in sede processuale. Conseguentemente sarà necessariamente tenuto a conoscere la volontà e la posizione del minore ultra-dodicenne, dovendo a questo fine convocarlo, ove possibile, presso il proprio studio per procedere a detti adempimenti. Nel caso invece di minore che non ha ancora raggiunto il compimento del dodicesimo anno di età l’ascolto dello stesso sarà sempre rimesso all’apprezzamento del Curatore, tenendo conto della capacità di discernimento del bambino e favorendo, se possibile, le misure meno invasive, sempre ispirandosi al principio della c.d. minima offensività. Ugualmente, per incontrare il minore il Curatore dovrà tenere conto delle situazioni di luogo e tempo più favorevoli o congeniali al suo benessere. In questi casi, inoltre, il Curatore, tanto per procedere all’audizione del minore, quanto per informarlo, potrà avvalersi dell’ausilio di appositi specialisti esperti in psicologia infantile e/o degli operatori del Servizio Sociale di competenza e/o del tutore se nominato e della [continua ..]


6. Il Curatore speciale in relazione al minore vittima di reato

Sotto questo profilo si osserva come la tutela del fanciullo, oltre ad assumere sempre più rilevanza dal punto di vista civilistico, abbia avuto nel corso del tempo una posizione centrale anche sotto il profilo penalistico. È sufficiente pensare, a titolo esemplificativo, alla centralità del ruolo del minore autore e vittima di reato a livello sovrannazionale. A questo riguardo si pensi alle Regole Minime per l’amministrazione della giustizia penale minorile, conosciute anche come “Regole di Pechino” del 1985, grazie alle quali è stato previsto un primo sistema di tutele processuali predisposte a favore del minore nell’ambito dei procedimenti penali che lo riguardano. È parimenti doveroso il richiamo alla Convenzione del Consiglio d’Europa del 25 ottobre 2007 per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l’abuso sessuale. La Convenzione in oggetto, meglio conosciuta come Convenzione di Lanzarote e ratificata in Italia in data 23 ottobre 2012 dalla l. n. 172, ha avuto il merito di sancire i principi cardine a cui gli Stati firmatari devono adeguarsi in materia di prevenzione e criminalizzazione di ogni forma di abuso e sfruttamento sessuale perpetrato a detrimento di minori. Ed è proprio alla luce di questi principi che anche a livello di ordinamento nazionale il minore, nell’ambito dei procedimenti penali che lo coinvolgono, a prescindere dal ruolo rivestito, ha gradualmente ottenuto molteplici forme di tutele sempre calibrate in ragione dell’età e del grado di discernimento del medesimo. È sufficiente rammentare come l’art. 98 c.p. subordini il riconoscimento dell’imputabilità del minore autore di una fattispecie criminis al necessario accertamento della capacità d’intendere e di volere. L’art. 97 c.p. prevede inoltre una presunzione assoluta di non imputabilità nei confronti del minore che al momento della commissione del presunto fatto di reato non abbia ancora compiuto il quattordicesimo anno di età. Conseguentemente qualora dovesse ricorrere que­st’ultima ipotesi il Giudice penale è tenuto esclusivamente a emettere una sentenza di non luogo a provvedere. Ugualmente, ex art. 120, 1° e 2° comma, c.p., il minore esercita il diritto di querela tramite i suoi genitori o il tutore e in base al 3° comma dell’art. cit. tale diritto è comunque [continua ..]


NOTE